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Descrizione:

L’Assessorato alla Cultura della Provincia di Alessandria inaugura Venerdì 10 dicembre 2004 alle 18.00, nella Galleria Carlo Carrà di Palazzo Guasco - Via Guasco 49 Alessandria - la mostra "Il silenzio del blu e del verde - Ennio Morlotti e Francesco Biamonti"
La mostra rimarrà in esposizione dall'11 dicembre 2004 al 20 febbraio 2005 con il seguente orario di apertura al pubblico:
tutti i giorni dalle 10.30 alle 19.30
Chiuso 25 dicembre 2004 e 1° gennaio 2005
Ingresso libero
a cura di Fortunato Massucco e Aurelio Repetto
Comitato scientifico: Elio Gioanola, Marco Grassano, Dino Molinari, Nico Orengo
in collaborazione con la sezione di Alessandria di ITALIA NOSTRA
Per informazioni: Provincia di Alessandria
Assessorato Cultura
Palazzo Guasco Via dei Guasco 49 - Alessandria
Tel. 0131/304006
Fax 0131/304028
Ufficio stampa Provincia di Alessandria: tel. 0131.304377-214- 376
Email: cultura@provincia.alessandria.it, uffstampa@provincia.alessandria.it
Catalogo Edizioni Gabriele Mazzotta
La Provincia di Alessandria inaugurerà il giorno 10 dicembre alle ore 18 un importante evento espositivo presso la Galleria Carlo Carrà di Palazzo Guasco.
L’iniziativa, voluta dal Vicepresidente Assessore alla Cultura Daniele Borioli (in collaborazione con la Regione Piemonte, la Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, la Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, con il Comune di Alessandria e l’Associazione “Amici di Francesco Biamonti”) e che porta il suggestivo titolo “Il silenzio del blu del verde”, è mirata ad esporre al pubblico una serie importante di dense opere dipinte da Ennio Morlotti in Liguria tra il 1960 ed il 1990, analizzando le loro interconnessioni con la prosa cristallina di Francesco Biamonti, il cantore dell’estremo imperiese, scomparso tre anni fa.
Il paesaggio ligure, protagonista dell’opera sia morlottiana che biamontiana, costituisce una matrice non secondaria in tutta la cultura del novecento, di cui si ricorda lo stretto legame tra quella della Liguria e quella del basso Piemonte.
La mostra riguarderà quarantasette quadri morlottiani (divisi in quattro temi: Ulivi, Cactus, Rocce e Bagnanti), oltre che una serie di documenti, forniti dall’Associazione “Amici di Francesco Biamonti” di San Biagio della Cima (IM) e da Casa Biamonti, testimonianti il rapporto personale, culturale e creativo tra i due grandi artisti.
Il comitato scientifico che ha impostato l’operazione è costituito da Elio Gioanola, Marco Grassano, Dino Molinari e Nico Orengo, mentre i curatori dell’esposizione sono Fortunato Massucco e Aurelio Repetto della Bottega d’Arte di Acqui Terme, la cui conoscenza personale di Morlotti e Biamonti risale agli anni ’60 e sfociò in più celebrazioni di Morlotti con l’intervento di Biamonti proprio nella loro Galleria.
L’iniziativa prevede anche un pomeriggio di studio, probabilmente nel mese di gennaio, durante il quale saranno analizzate le personalità del pittore e dello scrittore e le loro esperienze intrecciate, nell’ottica di questa riflessione del grande critico Francesco Arcangeli: “È possibile, dunque, coglier le tracce d’un impressionismo poetico non soltanto in un senso musicale, ma anche più strettamente figurativo? Noi crediamo di sì. In certi atteggiamenti della poesia che paion gareggiare con la pittura, ma che poesia restano, la parola rivela la sua natura di strumento ambiguo, polisenso.” (Pittori e poeti di Francia).
Sarà inoltre pubblicato, con la cura delle Edizioni Mazzotta, un catalogo delle opere esposte che conterrà, al di là dei testi critici redatti dagli esperti del comitato scientifico, 47 tavole a colori.
L’idea di una mostra nasce inevitabilmente da una curiosità culturale: qualcosa che va oltre una semplice scelta politica e istituzionale e intercetta stimoli, suggestioni, volontà di aprire percorsi di riflessione.
In questo caso, l’idea è quella di evocare e proporre le suggestioni di una dialogo tra due straordinarie esperienze creative, condotte nel campo di due specifici e distinti linguaggi, la pittura e la scrittura, ma in costante e feconda relazione tra loro.
Questo del dialogo reciproco è, d’altro canto, uno dei tratti peculiari dell’opera di Ennio Morlotti e Francesco Biamonti. Un dialogo spesso soffermato a cogliere le fascinazioni del paesaggio. E, in modo particolare di quel paesaggio ligure che tanti significati racchiude per noi, gente del basso Piemonte.
Proprio il profondo, controverso e oggi pienamente riscoperto rapporto tra Liguria e basso Piemonte, costituisce del resto il contesto nel quale si colloca questa iniziativa fortemente voluta dall’Assessorato alla Cultura della Provincia. Un evento che, dopo Pellizza, Carrà, Morbelli e Barabino, persegue ancora una volta i valori universali dell’arte, senza trascurare il profumo e il sapore del territorio.
La Liguria, nostro mare, ma anche montagna vicina. Alla quale ci legano, nella storia, vicende dinastiche e insorgenze architettoniche e artistiche, paesaggi appenninici e frammenti di cultura materiale, assonanze e cadenze dialettali.
Così l’orizzonte comune, geografico e spirituale, del luogo pittorico di Morlotti e del luogo letterario di Biamonti, viene proposto allo sguardo di un pubblico cui, ci auguriamo, piacerà riconoscere o scoprire quel silenzio così carico di sensi da diventare colore o parola in modo assoluto ed esemplare.
Morlotti e Biamonti hanno condiviso la propria umanità, confluita per il primo su tele che raccontano di paesaggi, per il secondo su pagine che si leggono come un dipinto. Valeva la pena di suggerire al pubblico la ricchezza umana e artistica di quella condivisione, proponendola come chiave di lettura originale della loro opera.
Cos’ è nato “Il silenzio del blu e del verde”, un omaggio ai due autori, alla strada che hanno percorso insieme, a quel blu del mare che hanno contemplato, a quel verde dei boschi in cui si sono inoltrati. Significando il paesaggio quale custode del sentire dell’uomo e della sua attesa.
Con orgoglio, l’Assessorato alla Cultura realizza quest’evento e lo offre ai cittadini.
Paolo Filippi
Presidente della Provincia di Alessandria
Daniele Borioli
Vicepresidente e Assessore alla Cultura della Provincia di Alessandria
È un sodalizio profondo, fervido, mai consolatorio quello intrecciatosi in tanti anni tra il pittore Ennio Morlotti e lo scrittore Francesco Biamonti.
In effetti, a ben guardare, uno degli aspetti che emerge da questo rapporto di amicizia e di fecondità creativa è proprio quello di una sollecitazione continua alla scoperta della realtà. Una scoperta ora gioiosa ora tragica, ma sempre affascinante. Una ricognizione che spesso prende spunto dal paesaggio e che il presente catalogo documenta in modo suggestivo. «Il miracolo dell’arte non è il linguaggio ma la tensione che lo anima», diceva il poeta Giuseppe Ungaretti. Ecco: qui, l’intuizione ungarettiana che riconosce nella continua tensione, non importa se con la pittura o attraverso la scrittura, una delle cifre caratteristiche dell’arte contemporanea, appare evidente più che altrove. Lo sguardo di questi due grandi artisti, corroborato da un’intensa amicizia, ci ha restituito l’intensità del legame storico, culturale, paesaggistico tra la Liguria e il cosiddetto Basso Piemonte.
La nostra Regione, sensibile alla valorizzazione del patrimonio artistico, non può che sostenere con favore la realizzazione di questo catalogo, ennesima conferma della vitalità culturale del Piemonte.
Enzo GHIGO Presidente Regione Piemonte
Giampiero LEO Assessore alla Cultura Regione Piemonte
Il Comune di Alessandria saluta con entusiasmo la mostra “Il silenzio del blu e del verde. Morlotti e Biamonti: il luogo dipinto e il luogo narrato”, iniziativa culturale di raffinato impegno, che nel coniugare due autori importantissimi del paesaggio ligure, porta alla fruibilità del pubblico l’opera di un sodalizio pittorico - letterario che testimonia l’essenza di quella cultura ligustica che improntò tanta parte del novecento e tanto si riflesse anche nel nostro sud del Piemonte.
La Provincia di Alessandria sicuramente celebra con orgoglio Ennio Morlotti e Francesco Biamonti, entrando nel merito degli sviluppi dell’arte figurativa informale internazionale - di cui Morlotti fu senza dubbio il più grande rappresentate a livello nazionale – e degli sviluppi letterari più intensi del secolo scorso che risentirono, anche in Biamonti, degli esiti alti della poesia ermetica.
La volontà delle Istituzioni locali, che guardano alle personalità artistiche del nostro territorio o che lo hanno attraversato, annoverandosi tra gli esiti più profondi della storia culturale, ribadisce la convinzione del dovere morale di ogni operazione di cultura come premessa fondamentale di una ricerca di identificazione che passa, come in questo caso, attraverso la figurazione e la narrazione.
Mara Scagni
Sindaco di Alessandria
Con piena convinzione abbiamo dato il nostro sostegno alla mostra Il silenzio del blu e del verde. Morlotti e Biamonti: il luogo dipinto e il luogo narrato dedicata a Ennio Morlotti - uno dei protagonisti dell’arte italiana del secolo XIX, esponente di primo piano della pittura astratto-informale e dell’ultimo naturalismo - e ai rapporti umani e intellettuali che l’artista lombardo intrattenne con il grande scrittore ligure Francesco Biamonti.
Quando si incontrarono nel 1959 a Bordighera, Morlotti era già un artista affermato, mentre Biamonti era un giovane letterato non ancora noto al grande pubblico, che scriveva d’arte e faceva il bibliotecario. Li univa la passione per la letteratura francese dell’Ottocento, per Paul Cézanne e Nicholas de Staël e l’amore per il paesaggio ligure. Nacque tra loro un’amicizia molto intensa, durata fino alla morte del pittore nel 1992, che ebbe sul lavoro di entrambi risvolti ed esiti molto proficui.
La mostra, incentrata sui paesaggi liguri di Morlotti, propone i frutti di un inedito studio sulle relazioni tra arte e letteratura, sui rispecchiamenti possibili tra parola scritta e immagine dipinta che hanno la natura come comune fondamento, terreno di ricerca e di stimolo verso quel “paesaggio dell’anima” che solo ai grandi è dato evocare e saper interpretare. Una natura che è quella della Liguria, che fu teatro degli incontri e del sodalizio tra lo scrittore e l’artista.
Regione alla quale ci uniscono, ben oltre la contiguità dei territori, antiche frequentazioni. La Liguria è, per così dire, il “nostro mare”, ad essa ci rimandano le comuni radici culturali, testimoniate dalle precise impronte – linguistiche, architettoniche e artistiche – che leggiamo in molti luoghi della nostra provincia, da Novi - Ligure non a caso – ad Ovada, da Acqui Terme a Voltaggio, e negli scambi commerciali che lungo la via del Sale da sempre collegano Genova a quello che comunemente viene chiamato l’Oltregiogo, area meridionale dell’Alessandrino, dove la nobiltà genovese un tempo soggiornava per le villeggiature estive, entroterra che per molti versi ancora molto ci appartiene.
La mostra ci restituisce, in questo senso, una dimensione di confini ampliati e continuamente attraversati (Morlotti e Biamonti erano uniti altresì da una cultura del cibo e dei sapori segnata da continue incursioni nel territorio piemontese), rivelandosi a questo proposito ricchissima di spunti e implicazioni.
Non è più tempo di mostre puramente antologiche. Le mostre devono nascere da un’idea, essere veicolo di suggestioni e confronti, inventando e indicando percorsi, senza limitarsi a riandare a ritroso su strade già battute. Questa esposizione, che segna la riapertura dell’attività di Palazzo Guasco, ha le carte in regola per inaugurare questa nuova stagione.
La Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria non poteva mancare a un appuntamento così importante.
Gianfranco Pittatore
Presidente Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria
La Fondazione CRT plaude al progetto della Provincia di Alessandria, fortemente voluto dal suo Vicepresidente e Assessore alla Cultura Daniele Borioli, che oggi si concretizza nella mostra“Il silenzio del blu e del verde” dedicata a due grandi figure del Novecento: Ennio Morlotti e Francesco Biamonti.
Morlotti e Biamonti, con l’opera di tutta una vita, hanno saputo dare intense interpretazioni del proprio mondo interiore e della terra tanto osservata e celebrata da diventare propria, quel paesaggio ligure che li ha uniti, ne ha rafforzato l’amicizia e alla cui essenza di colori erano entrambi profondamente legati, come ai silenzi che i colori intervallano, magistralmente rappresentati: nei dipinti di Morlotti e nelle pagine scritte di Biamonti.
La Fondazione CRT è dal canto suo particolarmente vicina all’arte del Novecento e dei giorni nostri, alla quale dedica un progetto ad hoc, finalizzato alla valorizzazione del sistema dell’arte moderna e contemporanea ed al potenziamento dei principali musei attivi in quest’ambito a Torino e in Piemonte: la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino e il Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea.
La Fondazione CRT partecipa dunque con convinzione a questa iniziativa sia per l’intrinseca validità del progetto espositivo che sottende la mostra, sia per il ruolo da protagonista che gioca nei processi di valorizzazione della creatività contemporanea.
Andrea Comba
Presidente Fondazione CRT
Pregevole l’iniziativa dell’Assessorato alla Cultura della Provincia di Alessandria. Riportare l’attenzione, in questo modo e con questa cura, su due delle figure allo stesso tempo più appartate ma più intense e rigorose del mondo della cultura del secondo novecento italiano ed europeo: il pittore Ennio Morlotti e lo scrittore Francesco Biamonti.
Mostra esemplare quella del pittore, con una significativa scelta di opere nel suo percorso alla scoperta della luce e delle asprezze mediterranee. Altrettanto significativa ed opportuna la giornata dedicata ai due: l’amicizia, la sobrietà comune, le idee sulla pittura, le conversazioni sulla letteratura e sulla vita.
Francesco trovò in Morlotti, scoperto nelle riproduzioni in bianco e nero della rivista seleArte e poi conosciuto di persona, sì una figura di riferimento, ma soprattutto una conferma sul piano della pittura alla sua visione poetica – Quando ho conosciuto Morlotti avevo già le mie idee sulla pittura. Siamo diventati amici perché le nostre idee sulla pittura erano collimanti..
Morlotti trovò in Francesco un nocchiero nella sua esplorazione del Mediterraneo, del paesaggio e della luce dell’estremo ponente ligure, ma trovò pure un interlocutore prezioso e colto, un amico, nonostante la differenza generazionale, spesso premuroso e disponibile.
Un’amicizia profonda, dunque, fatta di affinità nei gusti pittorici e letterari, di condivisione di una stesso disagio verso il mondo, di una stessa visione dell’arte come duro lavoro e rigorosa ricerca e della vita come fatica quotidiana, cercando nuclei di verità esistenziali.
Una visione laica della vita, una consonanza etico-filosofica, al cospetto delle disillusioni della Storia, eppure non fuori di essa. Dove l’arte cerca di ricucire la cesura con la vita e con il mondo.
Il silenzio, lo sguardo e la parola dosata. Ecco il tratto che li accomunava e che ce ne fa ancora oggi sentire la mancanza. E la mitezza, che non era rassegnazione, ma modo di essere ed atteggiamento verso il mondo che pure non rifiutava né l’indignazione, né la pacata presa di posizione.
Un ricordo: Morlotti rammentava a Francesco un arrivo a Perinaldo, sul crinale che chiude la Val Crosia, in un momento di festa del paese. Un frammento di felicità contenuta, antica.
Anche questo li avvicinava: momenti di serenità, di piacevoli scoperte del paesaggio, di incontri umani, di itinerari enogastronomici, in epoca precedente alla loro massificazione. Alla ricerca di momenti di vita autentica (persone e luoghi) in un entroterra di Liguria che cercava di sopravvivere allo scempio della costa.
Grazie a Dino Molinari e a Marco Grassano, nostri soci e curatori dell’evento. Grazie all’Assessore alla Cultura della Provincia di Alessandria per il coraggio, in un epoca di eventi più facili, dì averci saputo riproporre due figure così sobrie e così grandi.
Corrado Ramella
Presidente Associazione Amici di Francesco Biamonti
A CERCARE STRADE E SENTIERI
C'era un ritratto di Morlotti, nella prima stesura dell'Angelo di Avrigue, in cui Fran-cesco Biamonti faceva dialogare il protagonista con il pittore. Stava, Gregorio, seduto su una roccia mentre en plein air Morlotti dipingeva quelle rocce secche e luminose che si ve-dono nell'entroterra dell'ultimo Ponente, fra Seborga, San Biagio, Ciotti.
Era, nel ricordo, un dialogo “fuori luogo”, troppo dentro il far pittura, come se, su quella pagina, Biamonti si fosse sostituito al suo personaggio e avesse ripreso con l'amico un discorso lasciato in sospeso in una trattoria a Soldano, o in un caffè, sulla piazza della Stazione a Bordighera.
Consigliai Francesco di tagliare la scena, di ridurla per lo meno. Sapevo che sarebbe stata fatica e dolore, era da anni - mi raccontarono poi alcuni suoi amici - che il Poeta, co-me affettuosamente lo chiamavano, girava con quel suo manoscritto sottobraccio, una car-tellina rossa, fra Bordighera e Ventimiglia.
Biamonti riemerse dal suo personaggio, asciugò, ma fu poi irremovibile sulla scelta della copertina. Voleva e ottenne, grazie a Einaudi e a Calvino, che sulla copertina del Nuovo Corallo ci fosse un pastello con le rocce di Morlotti. Quelle rocce che gli aveva fatto conoscere e che avevano sostituito quelle del finalese.
C'era una grande intesa e affetto fra i due artisti, entrambi amavano la pittura di Cézanne e di De Staël, amavano gli antichi maestri italiani, quelli intrisi di colore e pietà, da Beato Angelico a Piero Della Francesca. Entrambi, capaci di lunghi silenzi e di parole mormorate a labbra strette, amavano la natura sbarbariana di quella Liguria faticosa e fati-cata, lucente e ubaga, d'entroterra.
Biamonti era un critico raffinato, indagava nel lirismo asciutto della pittura, ragio-nava per immagini dipinte, dipingeva a sua volta con le parole, nell'apparente nettezza della parola scelta: cercava quella che, come una cipolla, fosse più densa, più materica.
Oltre alla buona cucina, al buon rossese e vermentino, ai lunghi silenzi, era un pa-rallelo modo di lavorare che univa Morlotti e Biamonti. C'era in loro la capacità di “pren-der tempo”, di lasciarlo lasco perché la meditazione avesse il suo spazio e poi, da buoni pescatori di sciabica, trascinarlo a sé, vibrante di emotività.
Donne, rose, rocce, personaggi dell'uno e dell'altro, dolenti e carnose, si ritrovano fra le tele di Morlotti e le pagine di Biamonti e sottintendono in entrambe il come arrivarci: camminando.
Entrambi erano camminatori, esploratori di strade e sentieri, come se l'andare po-tesse caricarli di profumi e colori. Si intridevano di paesaggio, se lo caricavano addosso, se ne impregnavano come spugne per poi riversarlo nella loro opera.
Per entrambi la luce era una sfida, una lotta con l'Angelo: che fosse quella a colpire il petalo di una rosa o una schiena nuda, femminile, o quella che colpiva una foglia di oli-vo o il muro scrostato di un portico, era fondamentale catturarla, con una pennellata, con una frase, e isolarla in una possibile esistenza di numolito.
Ricordare e immaginare i discorsi fra i due amici non è difficile, con Morlotti che, oltre a parlare di pittura, porta notizie “mondane” da Milano e Biamonti che cita poeti francesi e filosofi tedeschi, paesi aprichi da andare a vedere, colate di fichi d'india sulla roccia; Morlotti curioso di ciò che è accaduto a Bordighera, durante la sua assenza, Bia-monti curiosissimo dei luoghi culturali delle “capitali”, dei “mondi editoriali”, delle mo-stre.
E poi cadute di silenzio, durante le quali ognuno dei due sprofonda in se stesso, alla ricerca di una propria verità da far risplendere.
Nico Orengo
Francesco Biamonti
Francesco Biamonti è nato a S. Biagio della Cima, in provincia di Imperia, il 3 Marzo del 1928 e là, nell’entroterra di Vallecrosia, ha vissuto quasi sempre, in una casa che in passato era stata un fienile, e che egli ha trasformato nel corso degli anni in una vera e propria “officina”, dove ha svolto il suo “mestiere di scrittore” senza orari e ritmi di lavoro prestabiliti, ma con passione non comune e straordinaria efficacia creativa, sottraendosi agli sguardi indiscreti della gente e concedendosi solo a pochi e fidati amici.
Le finestre di questa "casa-laboratorio" si aprono sulla campagna, dove, secondo una “leggenda” fiorita intorno al personaggio, Biamonti avrebbe coltivato le mimose. Si è parlato, infatti, di lui come di un poeta contadino, scomodando, a tal proposito, Pascoli e addirittura Virgilio; Biamonti, invece, pur avendo una conoscenza minuta, approfondita e appassionata di ogni pianta, di ogni fiore e di ogni foglia, più da botanico che da contadino, non amava le mimose o almeno non le amava più da tempo: “Il loro giallo è fatuo, ignaro delle tenebre del mistero, la cifra dei fiori europei” disse una volta, sottolineando, in questo modo, la loro effimera esistenza e, comunque, elegante e raffinato qual era, non disdegnava i ritmi e i richiami della città, dove trascorreva tutte le notti.
Frequentava, infatti, i caffè e i locali della Riviera meno affollati, dove raccoglieva storie di varia umanità, contrassegnate dalla paura, dall’indolenza, da un'indefinibile angoscia: brandelli di vita vissuta che poi ricuciva nei suoi romanzi attraverso impasti cromatici e bagni di luce che rivelano in lui una non comune conoscenza pittorica, corroborata dall’amicizia e dalla frequentazione di Ennio Morlotti e di altri artisti non meno qualificati.
Il suo amore giovanile per la pittura, la sua non comune sensibilità, la conoscenza approfondita delle cose dell'arte, e soprattutto l'attenzione meticolosa per il paesaggio e il trascolorare della luce in uno scenario prevalentemente roccioso, impervio, sospeso tra l'orizzontalità del mare e l'immensità del cielo, costituiscono il viatico e le coordinate del suo itinerario umano ed artistico.
Scarse, frammentarie e comunque poco significative sono le notizie concernenti la sua vita. Dai suoi romanzi non si possono trarre indicazioni sui rapporti scrittore-vita e lo stesso Biamonti è sempre stato reticente a parlare di sé; in un’intervista rilasciata a Paola Mallone ha detto testualmente: “Mi piace non dire niente; io sono da cancellare; la mia vita non conta nulla; i miei natali non hanno importanza; il mio paese è insignificante”
Sappiamo, tuttavia, che amava la musica sinfonica, le arti figurative ed il cinema francese (Bresson; Becquer; Melville e Truffaut), amori che hanno riempito le sue giornate e nutrito il suo spirito, desideroso di effusione.
Dopo essersi diplomato in ragioneria e dopo aver vagabondato per un certo periodo in Spagna e soprattutto in Francia, negli anni cinquanta ha scritto, sotto l’influenza di Sartre e della psicanalisi, un romanzo, intitolato Colpo di grazia, che non ha mai visto la luce, se non parzialmente in forma di estratto, e che lo stesso Biamonti non ha mai ricordato volentieri, anzi una volta, citando Cesare Pavese, uno degli scrittori a lui più cari disse testualmente:" Se ne valesse la pena me ne vergognerei".
In seguito (1956 -1964), prima di dedicarsi a tempo pieno alla sua attività di critico e di narratore, si è mosso, con sagacia e competenza da bibliotecario, tra i manoscritti e gli incunaboli dell’Aprosiana di Ventimiglia, diventando ben presto un punto di riferimento obbligato per tutti coloro che frequentavano la biblioteca e soprattutto per i giovani laureandi, ai quali non lesinava i suoi preziosi consigli.
Schivo e silenzioso, ma sempre gentile e disponibile, recava sul viso, solcato appena da qualche ruga ed illuminato da due occhi azzurri, profondi come il mare, i segni di un’intensa, sofferta vita interiore. Si muoveva lentamente, misurando i passi, con circospezione più che con diffidenza.
Ha scritto diversi saggi di pittura (“Morlotti pastelli e disegni 1954-1978”; “G. Cazzaniga: antologia critica”; “Lavagnino. I cieli ed altre stesure”; “I muretti di Gagliolo” etc.). Dopo alcuni racconti alquanto eterogenei, nel 1983, ha esordito, nell’ambito della narrativa, con il romanzo L’angelo di Avrigue, pubblicato da Einaudi ed impreziosito da una splendida e lusinghiera presentazione di Italo Calvino; sempre presso la casa editrice torinese ha visto la luce, nel 1991, Vento largo che ha ottenuto moltissimi riconoscimenti: il premio Comisso; il premio Flamalgal e il premio Città di Gaeta. Nel 1994 con il romanzo Attesa sul mare, da cui è stato tratto il film “Mare largo” di F. Vicentini Orgnani, ha ricevuto il premio Grinzane Cavour ed è stato tra i cinque finalisti del premio Campiello, vinto poi da Tabucchi con "Sostiene Pereira”.
Entusiastici consensi ha riscosso il suo ultimo romanzo Le parole la notte, dai più considerato il suo capolavoro, anch’esso finalista al premio Campiello e vincitore del premio P.E.N club, del premio "Alassio: 100 libri” e del premio Marotta "libro dell'anno". Apprezzato soprattutto in Francia, dove tutti i suoi romanzi sono stati tradotti (L'Ange d’Avrigue; Vent largue; Attente sur la mer presso la casa editrice Verdier e Les paroles de la nuit presso Seuil) negli ultimi anni aveva trovato estimatori e lettori anche in Germania, dove sono stati tradotti gli ultimi due romanzi (Die Erwartung e Die Reinheit der Oliven entrambi presso la casa editrice Klett-FCotta) ed in Catalogna dove è stato pubblicato recentemente Vent de mar endins, traduzione di “Vento Largo”.
Accanito fumatore – è difficile ricordarlo senza la sigaretta tra le labbra o tra le dita ingiallite dalla nicotina - si è spento il 17 Ottobre del 2001, nel pieno del suo vigore creativo, consumato da un cancro ai polmoni, mentre lavorava ad un altro romanzo Il silenzio, uscito postumo ma incompleto nel Marzo del 2003, sempre per i tipi della casa editrice Einaudi.
Ennio Morlotti
Nacque a Lecco, sul lago di Como, il 21 settembre 1910. Iniziò la propria formazione da au-todidatta diplomandosi a Brera; si iscrisse poi all’Accademia di Firenze. Scontento del clima cultu-rale del capoluogo toscano, tornò a Lecco, ed utilizzò i primi proventi della vendita di opere sue per un soggiorno di approfondimento a Parigi, esperienza che ebbe modo di ripetere più volte.
In Francia studiò, visitò musei, compì lunghe sedute di lettura nelle biblioteche per “capire”, conobbe di persona i maggiori artisti dell’epoca (Picasso, Wols, Braque, De Staël).
Durante la guerra, dipinse una serie di paesaggi (in particolare quelli di Ponticello, di Mon-donico e di Gropparello) che, seppure apparentemente lontani dai cupi drammi che si andavano consumando ovunque, ne rivelavano in qualche modo la presenza dalla fosca, quasi tetra consisten-za dei colori. Con Cassinari (assieme al quale affrontò certi duri scorci paesistici), Truccato, Afro, Vedova ed altri costituì il gruppo di Corrente.
Nel dopoguerra la sua tavolozza si schiarì, ed ecco gli altri paesaggi e la serie dei Dossi. Contemporaneamente, si fece più avvertibile, soprattutto nei Totem, l’influenza di Picasso, sulla scorta della scuola del postcubismo lirico francese rappresentata da artisti come Bazaine, Manessier, Lapique, Pissier, che praticavano un approccio formalista alla lezione offerta dal maestro spagnolo.
Particolarmente seguito dai grandi critici Francesco Arcangeli, Giovanni Testori e Roberto Tassi, partecipò alle più importanti esposizioni. L’ultima sua esperienza collettiva in Italia fu nel 1952, al Gruppo degli Otto, in quello che Lionello Venturi definì “l’astratto concreto italiano”. Suc-cessivamente accolse la sensibilità del naturalismo informale, codificata da Arcangeli nei saggi Gli ultimi naturalisti (1954) e Una situazione non improbabile (1956). Secondo Testori, l’anello di congiunzione tra i due momenti (quello picassiano e quello informale) può essere individuata nel Gruppo di figure in riva all’Adda: in esso, come afferma il critico, “L’Adda ha vinto il mare”, ossia la luce aspra degli alti cieli di Malaga ha ceduto alla luminosità soffusa delle campagne brianzole
Nel 1959, recatosi a Bordighera, “scoprì” il paesaggio ligure e contemporaneamente conob-be Francesco Biamonti, il futuro cantore dell’estremo ponente imperiese, col quale instaurò una so-lida e reciprocamente fertile amicizia ultratrentennale.
Importantissime, nel suo periodo “ligure” (che non ebbe però mai una netta separazione cro-nologica dal resto della produzione, protraendosi, contemporaneamente ad altri filoni, come i Gran-turchi, le brughiere, i paesi della Brianza, gli angoli lungo l’Adda, fino agli ultimi mesi di vita), so-no le quattro tematiche qui proposte: gli Ulivi, le Rocce, i Cactus, le Bagnanti (che, di ascendenza marcatamente cézanniana, si erano già affacciate, come soggetto, nel dopoguerra).
Nella nostra zona è rimasta celebre la mostra al Liceo Saracco di Acqui Terme del 1972; da ricordare anche la rilevante esposizione alessandrina del 1976, presso il foyer del Teatro Comunale.
Morì a Milano il 15 dicembre 1992; è sepolto nel cimitero di Colle Brianza.